Angelo Rinaldi, vincitore del Premio Spadolini, si racconta

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A cura di Libera Maria Ciociola

Il giovane manfredoniano Angelo Rinaldi è dottorando in Studi storici dal Medioevo all’età contemporanea e ha già all’attivo 3 lauree (in Filologia, Letterature e Storia, in Scienze filosofiche e in Filosofia) ma non ha di certo intenzione di fermarsi. Ultima – in ordine cronologico – soddisfazione professionale è stata risultare vincitore del prestigioso Premio Spadolini con la sua tesi ‘Attendibili di Capitanata: sorveglianza poliziesca e repressione politica’ e sarà il Presidente della Camera dei Deputati, Roberto Fico, a consegnargli il riconoscimento.

In una breve intervista il giovane talento nostrano si racconta.

-Come nasce la tua passione per la Storia?

Mio nonno Mario era falegname autodidatta ma aveva una grande passione per i libri e, quando veniva a prendermi a scuola, passavamo sempre dall’edicola senza mai uscire a mani vuote. Così cominciai ad appassionarmi alla Storia: ricordo con piacere dei piccoli fascicoli di divulgazione storica per bambini che si intitolavano ‘C’era una volta l’uomo’ di A. Barillé. Io frequentavo le scuole elementari e le mie maestre erano davvero meravigliate del fatto che un bambino nutrisse un interesse così forte verso argomenti che di solito si addicono ad un’età più adulta. La mia è una passione innata, questo è certo, perché da allora non mi sono più allontanato da quel mondo; infatti ho proseguito i miei studi prima in Filosofia e poi in Lettere fino poi a ritornare propriamente ad occuparmi di Storia con la mia tesi, grazie anche al supporto costante ed entusiasta del mio relatore Prof. Saverio Russo.

-Chi sono gli Attenibili di Capitanata?

Gli Attendibili sono una categoria di sorvegliati politici: nel 1848, nel Regno delle due Sicilie si ottiene la Costituzione e una sorta di democrazia cosicché i moti rivoluzionari vennero stroncati con numerose vittime; i patrioti, i politici e coloro che avevano combattuto per l’unificazione del Paese vennero perseguitati, trattenuti in carcere senza capi d’accusa o allontanati dai loro pubblici incarichi. Due esempi vicini a noi sono Giantommaso Giordani e Michele Piccoli (assieme alla famiglia Palatella). Io, con il mio lavoro di tesi, mi sono occupato delle procedure con cui la polizia impediva a queste persone di riprendere le loro attività privandoli di fondamentali diritti, di come si agiva fattivamente nei loro confronti mettendo in luce i gravi atti compiuti dalla polizia borbonica.

-Sei a quota tre lauree…Cosa vedi nel tuo futuro e a cosa ambisci? Credi che il duro lavoro venga prima o poi ripagato o c’è ancora tanto da fare per (ri)portare in auge la meritocrazia, soprattutto in Italia e nel Mezzogiorno?

Il mio sogno è sempre stato quello di insegnare ai ragazzi delle scuole tutto ciò che attiene l’ambito umanistico – lettere, filosofia, storia, latino – ma tengo tanto anche al mio lavoro da ricercatore universitario anche se, come tutti sappiamo, è un ambiente molto complicato e poco finanziato. I giovani talenti fanno sempre più fatica a venir fuori. Vedo purtroppo un grande disinteresse per ciò che riguarda i giovani e la loro crescita professionale; spesso sentiamo dire che ‘i giovani sono il futuro’ ma io credo invece che i giovani siano il presente e non si può chiedere loro di aspettare ancora per ciò che è loro dovuto. Nulla cambia se la gente non ha voglia che le cose cambino, la realtà di fronte a noi è deprimente ma questo dev’essere uno sprone per rialzare la testa con coraggio e nella direzione giusta.

Libera Maria Ciociola