
Otto è un bassotto irresistibile e amatissimo che da circa un anno partecipa a un progetto scientifico del Dipartimento di medicina veterinaria dell’Università Statale che si svolge nel laboratorio di fisio-etologia del nuovo campus di Lodi: addestrare i cani a individuare i positivi al Covid. «Tutte le patologie producono i cosiddetti Vocs, composti organici volatili che il cane è in grado di percepire con il suo olfatto affinato», spiega Mariangela Albertini, docente di Fisiologia ed etologia e coordinatrice del progetto condotto da un team di scienziate. E aggiunge: «Questa esperienza nasce da una collaborazione con lo Ieo, avviata nel 2016, che prevede la collaborazione dei cani nella diagnosi precoce del tumore polmonare negli esseri umani». I risultati sono stati incoraggianti e così, di fronte al divampare della pandemia, nasce l’idea di riprodurre la sperimentazione orientando la ricerca olfattiva degli scodinzolanti e collaborativi quadrupedi verso il Covid.

«Questa prima fase si sta svolgendo esclusivamente qui in laboratorio per insegnare ai cani a distinguere i campioni raccolti da persone positive e negative al coronavirus e avviene in collaborazione con il professor Massimo Galli e con l’ospedale Sacco», dice ancora la professoressa Albertini. Al cane-dottore vengono, ogni volta, sottoposte sei postazioni: cinque con campioni negativi e una con campione positivo. Quando individua quella giusta, l’animale si blocca si siede in attesa del segnale che lo chiama a ricevere la meritata ricompensa alimentare. «Il nostro obiettivo adesso è validare il metodo con una sensibilità almeno del 90 per cento — prosegue il racconto della responsabile della ricerca — e adesso cominciamo anche il reclutamento di cani disponibili a lavorare con noi». Con una precisazione: «Si tratta sempre ed esclusivamente di animali di proprietà, non ci sono cani da laboratorio. Insieme ai loro accompagnatori, vengono un paio di volte alla settimana, divertendosi per una mezz’ora circa e ricevendo un sacco di premi». Nella fase successiva, invece, si passerà al contatto diretto con gli umani per collaudare un possibile apporto strategico del miglior amico dell’uomo nella lotta alla pandemia: l’olfatto del cane, infatti, potrebbe essere utile per uno screening rapido, immediato e a bassissimo costo delle persone che frequentano luoghi affollati, come scuole, teatri, cinema, stadi, aeroporti e stazioni. L’animale annusa e quando segnala un individuo che riconosce come positivo si procede alla verifica con un tampone molecolare. «In una scuola elementare, per esempio, dove i tamponi risulterebbero invasivi, un cagnolino avrebbe tutt’altro impatto e potremmo comunque prevenire il contagio», osserva la professoressa Albertini. L’addestramento di un cane dura, prevedibilmente, almeno un paio di mesi, ma ci sarebbe una scorciatoia: un macchinario messo a punto in Germania che consente di ridurre i tempi a due o tre settimane. «Ma costa 28 mila euro — sottolinea sospirando la docente— e al momento non ce lo possiamo permettere».
Intanto il bassotto Otto, satollo ma sempre con l’aria seriosa, è tornato tra le braccia della sua innamorata addestratrice, Elisa Marconato: «Per lui è un gioco, si diverte ed è sempre molto motivato», dice. E racconta di Medical detection dogs, il ramo italiano della onlus che collabora alla ricerca scientifica sulle malattie metaboliche. «Otto ha iniziato con i tartufi e poi è passato alle cimici nei letti. Vista la sua grande voglia di fare il ricercatore abbiamo poi continuato con la diagnosi del tumore al polmone».